«O tornate indietro o vi denunciamo». I ciechi dell’associazione Apri – retinopatici e ipovedenti – hanno ricevuto mail e telefonate di questo tenore, in parte anonime, in parte da tassisti, perché hanno siglato un accordo con gli autisti di Uber.
«Ci hanno detto che possono denunciarci anche da passeggeri» racconta Marco Bongi, dell’associazione che a Torino ha duecento soci. Aggiunge: «Dopo che il Comune ci ha tagliato i buoni taxi non abbiamo scelta: o stiamo chiusi in casa o ci arrangiamo. Se vado a lavoro in taxi, perdo mezzo stipendio».
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