«Il futuro è già qui, solo che non è equamente distribuito»

William Gibson

venerdì 24 aprile 2015

L’impianto cocleare e la “cultura sorda”

Una storia sul duplice status della sordità (disabilità e identità culturale) racconta la complessità di un lungo dibattito, e le sue implicazioni per alcuni genitori.
Derek e Christine Reid sono i genitori di Ellie, una bambina di tre anni e mezzo con una sordità profonda la cui diagnosi è stata ipotizzata dopo un test uditivo, nei primi giorni di vita di Ellie, e confermata con un esame più approfondito tre settimane più tardi. Si ritiene che oltre il 90 per cento delle persone nate con questo genere di deficit sensoriale abbia genitori con un udito normale, come nel caso dei Reid. In seguito alla diagnosi, e a fronte dell’inefficacia delle protesi acustiche per il caso di Ellie, i Reid hanno dovuto prendere in tempi relativamente stretti una decisione che si pone per tutti i genitori nella loro situazione: se sottoporre Ellie a un intervento chirurgico per impiantare una coclea artificiale, e poi pianificare un trattamento logopedico per l’apprendimento della lingua scritta e parlata; o se considerare da subito la lingua dei segni – a loro completamente sconosciuta – la lingua “naturale” destinata a Ellie; o se provare a fare entrambe le cose, seguendo un modello “bilingue”.
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