«Il futuro è già qui, solo che non è equamente distribuito»

William Gibson

sabato 16 aprile 2016

Cosa ho imparato insegnando nella scuola in ospedale

Negli ultimi anni si sono moltiplicate le immagini di film o libri su bambini e ragazzi costretti a trascorrere una parte della loro infanzia o dell’adolescenza nelle stanze apparentemente sterili di un ospedale, dove finiscono per trovare una nuova dimensione di vita, un’occasione di crescita da condividere con quegli stessi compagni di reparto e d’avventura.
Eppure quest’attenzione non si è ancora concentrata su una categoria particolare di persone che ogni giorno entrano in quelle stanze indossando un camice bianco e soprascarpe di plastica blu, talvolta un camice verde sopra il camice bianco, molto spesso una mascherina davanti alla bocca. No, non sono i medici.
È un piccolo esercito di insegnanti che cerca di fare quella che è comunemente chiamata la scuola in ospedale. In alcuni reparti, in verità, questo gruppo si nota meno: nelle stanze di neuropsichiatria infantile, per esempio, i ragazzi non rischiano di prendere alcuna infezione da chi arriva dall’esterno, anche se sotto molti altri aspetti il loro rapporto con gli insegnanti e con la scuola è ancora più delicato.
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