«Il futuro è già qui, solo che non è equamente distribuito»

William Gibson

martedì 19 aprile 2016

Di cosa parliamo quando parliamo di scuola digitale?

Gli italiani non possono proprio tollerare troppa realtà: così, umiliata dalle cose come sono, l’immaginazione vola sul pianeta delle cose come dovrebbero essere. A Messina non esce l’acqua dai rubinetti? Basta farsi portare dall’agile speme sul pianeta “ponte sullo stretto”, e l’arsura si spegne. Ci manca la cucina? Compriamo il salotto. Legata com’è a quell’età splendida in cui tutto è ancora da fare, da inventare, la scuola è il luogo d’elezione per questi così umani scambi tra ciò che è reale e ciò che è irrazionale.
Si dice: istruire bene tutti quanti non è difficile, è impossibile; e non solo perché non tutti sono disposti a farsi istruire bene, ma perché non tutti i professori sono buoni professori, e mediocri professori formeranno, nella gran parte dei casi, mediocri studenti. La mediazione umana è indispensabile, e quasi tutto dipende, allora, dalla qualità dei mediatori.
O no? L’età digitale lascia intravedere un rimedio, l’uso del computer e di internet a scopi educativi: sia che quest’uso finisca per abolire la mediazione umana (è in parte la logica dei Moocs), sia che il computer e internet siano adoperati in classe o a casa, dagli studenti.
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