«Il futuro è già qui, solo che non è equamente distribuito»

William Gibson

lunedì 1 agosto 2016

La fatica di leggere e il piacere della lettura

La fatica di leggere è reale.
Per questo il piacere della lettura è una conquista preziosa. Lo è perché leggere arricchisce la vita. E lo è doppiamente proprio perché leggere è anche un’attività del tutto innaturale. I lettori esperti tendono a sottovalutare questo fatto. O se ne dimenticano.
Comunicare è naturale. Come ricorda Tullio De Mauro, la capacità di identificare, differenziare e scambiarsi segnali appartiene al nostro patrimonio evolutivo e non è solo umana: la condividiamo con le altre specie viventi, organismi unicellulari compresi.
L’INNATURALE FATICA DI LEGGERE. Leggere, invece non è naturale per niente. Ed è faticoso. La fatica di leggere è sia fisica (i nostri occhi non sono fatti per restare incollati a lungo su una pagina o su uno schermo) sia cognitiva: il cervello riconosce e interpreta una stringa di informazioni visive (le lettere che compongono le parole) e le converte in suoni, e poi nei significati legati a quei suoni.
Poi deve ripescare nella memoria il significato delle singole parole che a quei suoni corrispondono, e a partire da questo deve ricostruire il senso della frasi, e dell’intero testo. Tutto in infinitesime frazioni di secondo, e senza pause.
È un’operazione impegnativa, che coinvolge diverse aree cerebrali e diventa meno onerosa e più fluida man mano che si impara a leggere meglio, perché l’occhio si abitua a catturare non più le singole lettere, ma gruppi di lettere (anzi: parti di gruppi di lettere. Indizi a partire dai quali ricostruisce istantaneamente l’intera stringa di testo). Un buon lettore elabora, cioè riconosce, decodifica, connette e comprende tre le 200 e le 400 parole al minuto nella lettura silenziosa.
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