«Il futuro è già qui, solo che non è equamente distribuito»

William Gibson

giovedì 13 settembre 2018

"Se si vuole i fondi si possono trovare - Fondamentale non lasciare soli i prof di sostegno"

«A scuola dovremmo realizzare un contesto competente, per la migliore inclusione possibile e la legge indica con chiarezza i termini per farlo. La famiglia non deve essere lasciata sola», spiega Tiziana Catenazzo, preside dell'istituto comprensivo Peyron (e dunque referente della scuola ospedaliera del Regina Margherita) e vicepresidente dell'Associazione nazionale presidi di Torino. Le cattedre di sostegno sono molte, ma mancano migliaia di prof specializzati per riempirle.
Come si includono gli studenti disabili in un contesto simile?
«È vero che ci si scontra spesso con risorse minime, insufficienti, con una formazione inadeguata, non aggiornata, del personale, e con il problema delle cattedre scoperte di questi giorni. Ma se stabiliamo che la priorità è il benessere di alunni e famiglie, le risposte organizzative verranno fuori» Come si fa in concreto?
«La scuola deve attivare tutti i canali per realizzare un buon servizio, un servizio sostenibile. Il dirigente scolastico chiama in causa gli enti locali, attiva le reti di servizio sul territorio, per richiedere risorse per l'assistenza e attrezzature non solo didattiche ma anche di personale. E naturalmente chiama in causa gli uffici scolastici per il personale aggiuntivo: docenti, educatori, collaboratori scolastici». Il contratto di un docente di sostegno prevede 18 ore settimanali, ma gli allievi disabili stanno a scuola ben più a lungo.
Per seguire i casi più gravi occorrono quindi più docenti?
«Per l'orario di frequenza, gli studenti in difficoltà devono poter contare su tutte le risorse utili. Non si può risparmiare sulla qualità dell'esistenza fra i banchi, in laboratorio, in uscita didattica e per tutto quanto riguarda le necessità fisiche e fisiologiche. Sono risorse vitali, indispensabili. Che il dirigente deve pretendere. La deroga rispetto al personale ottenuto (e magari insufficiente) è una questione etica, di dignità prima che di inclusione didattica».
E se il personale non basta?
«Si può fare riferimento alla flessibilità didattica e organizzativa per realizzare interventi in classe più efficaci, di reale inclusione. Penso ad esempio alle cattedre miste: un docente di lettere può impegnarsi sul sostegno, ad esempio. Bisogna superare la visione dell'insegnante di sostegno come unico realmente impegnato con l'alunno disabile. Gli altri docenti delegano al collega la maggior parte della responsabilità educativa e di formazione della personalità, ma così ci perdiamo tutti, e per prime le famiglie, nonostante si sentano tranquillizzate al pensiero di avere una figura dedicata».
Nella scuola si sta facendo abbastanza su questo tema?
«Sul piano della cultura inclusiva temo che siamo un poco indietro. Abbiamo gruppi per l'inclusione territoriale e documenti molto importanti, ma al nostro interno dobbiamo far crescere una mentalità che valorizzi le abilità e le competenze anziché gli svantaggi e che non arretri di fronte alle diversità». (ste.p.)
(fonte: Press-In anno X / n. 1878 - La Repubblica del 09-09-2018)

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