La testimonianza di chi ha superato la sordità grazie a un computer.
Prima sente il suono e poi ne comprende il significato. E’ il doppio passaggio a cui deve abituarsi chi, dopo aver perso l'udito, ricorre all'impianto cocleare. È ciò che è accaduto all'americano Michael Chorost, programmatore informatico, ricercatore e autore dei saggi sui rapporti uomo-macchina «Rebuilt» e «World Wide Mind», che perde del tutto l'udito il 7 luglio di 10 anni fa, mentre è alla guida di una macchina a noleggio per le strade di Reno, nel Nevada.
Nato già con un udito debole, Michael aveva sempre portato apparecchi acustici che, amplificando i suoni, riuscivano a fargli sentire alcuni frammenti delle frasi pronunciate dagli altri. Poi, per ricostruire il senso del discorso, gli era essenziale aiutarsi con la lettura del labiale. Ma è l’impianto cocleare che gli cambia la vita come spiegherà oggi pomeriggio al Festival della Scienza di Genova -. A differenza degli apparecchi acustici, infatti, la sua funzione è inviare meccanicamente tutti i suoni al cervello, i quali, però, restano privi di significato, se l’individuo non impara ad ascoltarli e ad associarli alle parole che già conosce.
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