«Il futuro è già qui, solo che non è equamente distribuito»

William Gibson

mercoledì 13 ottobre 2010

Robot che curano, giocando



Paro ha le sembianze di una foca ed è dotato di sensori. Iromec può somigliare a un essere umano o a un animale immaginario, pensato per i bambini con deficit cognitivi.
Può sembrare strano, ma nel porsi in relazione con certi pazienti un robot, a volte, funziona meglio di un essere umano. Diverse equipe mediche in tutto il mondo lo stanno verificando, e in Italia l’uso di robot terapeutici per aiutare gli anziani colpiti da demenza, o i bambini con deficit di vario tipo, è al centro di un progetto di ricerca del dipartimento di Scienze della comunicazione dell’Università di Siena. Due i robot sperimentati dal gruppo toscano; il primo, Paro, ha le sembianze di piccola foca ed è dotato di sensori per la luce, la temperatura, il suono e le sensazioni tattili. Paro, progettato da un’azienda giapponese, è capace di muoversi con una certa naturalezza e interagisce con gli esseri umani suscitando tenerezza. Il secondo robot, Iromec, è invece frutto di un programma che coinvolge una decina di centri di ricerca in sei Paesi europei; a seconda delle esigenze, può assomigliare a un essere umano oppure a un animale immaginario, ed è stato pensato per i bambini con deficit cognitivi (autismo, ritardo mentale, difficoltà nel linguaggio e così via) e difficoltà motorie.
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