Alcuni ricercatori ritengono che i bambini affetti da autismo interagiscano meglio con i robot che con gli esseri umani. In California, ad esempio, si è costruito un robot capace di soffiare bolle variopinte su comando dei piccoli pazienti, i quali dimostrano una curiosità e un’iniziativa che di solito mancano in questa sindrome.
Spesso gli autistici non sono capaci di comunicare verbalmente, oppure ripetono a sproposito frasi udite; dimostrano indifferenza emotiva oppure reazioni spropositate agli stimoli; hanno difficoltà a stabilire il contatto oculare, presentano chiusura sociale e disinteresse per la comunicazione e per le relazioni con gli altri. A volte hanno un’attrazione abnorme per certi oggetti, una vera ossessione per l’ordine e un’avversione per il cambiamento.
Come detto, mentre la chiusura nei confronti delle persone è spesso totale, stranamente i piccoli autistici stabiliscono una relazione con i robot, forse perché sono più semplici e meno impegnativi degli umani, hanno reazioni più prevedibili e stereotipate e quindi sono meglio controllabili. Un robot adibito alla riabilitazione dei bimbi autistici è Face (acronimo di Facial automation for conveying emotions), progettato dal centro di ricerca 'E. Piaggio' dell’Università di Pisa, il quale sa riconoscere gli stati emotivi delle persone e reagire a essi con espressioni facciali che esprimono le emozioni più comuni. Simulando una relazione empatica molto semplificata, Face sembra mettere a proprio agio il piccolo interlocutore e aprire una breccia nella sua chiusa fortezza.
Altri progetti usati per la terapia dei bambini autistici sono il giapponese Keepon, composto da due sfere gialle sovrapposte che alludono a un pulcino con un muso semplificato, e il bambolotto meccanico inglese Kaspar (Kinesics And Synchronisation in Personal Assistant Robotica), che fa parte di un progetto europeo mirante alla progettazione di robot capaci di fungere da 'compagni e mediatori sociali.' Anche Kaspar, come Face, si basa sulla comunicazione empatica, sulle espressioni e sui movimenti (linguaggio del corpo). Lo sviluppo di Face dovrebbe portarlo a un grado di notevole somiglianza con un soggetto umano, nell’aspetto e nelle espressioni.
La Fondazione 'Peppino Scoppola' di Angri (Salerno) ha invece adottato Paro, la piccola foca progettata dal giapponese Takanori Shibata. Dotata di un soffice pelo (il senso del tatto è una delle grandi vie di comunicazione anche per i soggetti autistici) e di palpebre mobili che le fanno assumere diverse espressioni, Paro sollecita il piccolo paziente a prendersi cura di questo essere dolce, morbido e indifeso. Anche questo può contribuire ad alleviare l’isolamento del soggetto. E tutto ciò sempre nell’ambito di un contesto terapeutico controllato dagli psicologi.
Giuseppe O. Longo
(fonte: Press-IN anno I / n. 1008 - Avvenire del 08-05-2009)
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