Editori e insegnanti: “Mancano i fondi e l'appoggio del Governo”. Ma qualcosa si sta muovendo.
Ipertecnologici ma solo per chattare. Questo è il ritratto dei ragazzi italiani che emerge dai dati presentati alla quarta edizione di Editech, che si è tenuta la settimana scorsa a Milano promossa dall’Aie, Associazione Italiana Editori. Alla conferenza internazionale su editoria, innovazione, tecnologie, si è molto discusso di eBook, naturalmente, e si è fatto il punto su ePub 3.0, il nuovo standard per i libri digitali, ma c’è stato anche uno spazio dedicato alla didattica e ai manuali scolastici. Sono settori dove le innovazioni tecnologiche ancora stentano a diffondersi, col risultato che quasi il 90 per cento dei ragazzi tra 15 e 19 anni usa un computer, ma quando si tratta di studiare, oltre la metà utilizza solo i libri di testo, ignorando Wikipedia, Google e internet.
Così gli editori italiani di libri scolastici hanno pensato bene di integrare corsi di storia e antologie di letteratura con cd, chiavette usb, siti web concepiti apposta per aggiornare e arricchire il testo su carta. Oggi hanno un’appendice digitale nove titoli su dieci, su oltre 30 mila disponibili. I risultati, però, non sempre ripagano gli sforzi: “Abbiamo venduto diecimila copie di un libro in inglese cui era allegato un compact disc col testo recitato”, racconta Michele Lessona, presidente di De Agostini scuola. “Ma per un errore nel confezionamento, il cd non era quello giusto. Ci ha chiamato una sola persona”. E non era uno studente, con ogni probabilità. Allora il problema diventa più ampio, e non sta certo nel 90 per cento dei 18-19enni che hanno accesso al web, ma semmai nel fatto che la media nazionale a stento attiva al 50. La banda larga fuori dalle grandi città è poco diffusa, i prezzi di computer e tablet non sono esattamente alla portata di tutti, ma – secondo Lessona – è anche il sistema scolastico a essere inadeguato rispetto alla richiesta di innovazione che arriva dalle aziende. “Si insegna l’opposto di quello che succede nel mondo del lavoro. A scuola non si può copiare e viene premiato l’individualismo, mentre nelle grandi aziende è normale riprendere idee di altri e il lavoro è sempre un inteso in termini cooperativi”.
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