«Il futuro è già qui, solo che non è equamente distribuito»

William Gibson

martedì 21 ottobre 2014

Inclusione digitale: comunicare bene per programmare bene

Dialogo, confronto con utenti e associazioni. Valorizzare il lato umano per realizzare software accessibile. Così, una realtà no-profit italiana ha “conquistato” l’Onu.
C’è stato il periodo delle app “torcia”, per fare luce con lo smartphone. Poi la fase delle app “vuvuzela”, per riprodurre con il telefono la trombetta simbolo dei Mondiali di calcio 2010. Ora è corsa alle app per il ritocco delle immagini. Ci sarà il boom dei software accessibili per davvero, e non solo sulla carta? La risposta è sì: ci vorrà però del tempo, e soprattutto un migliore uso del linguaggio. Quello di programmazione, certo, ma anche nel senso più tradizionale del termine, ovvero la base di qualsiasi interazione sociale.
Lo sforzo in questa direzione già si vede. Ne è esempio “Informatici senza frontiere” (ISF), organizzazione no-profit che, attraverso lo sviluppo di software e l’impiego di nuove tecnologie, cerca di superare l’esclusione digitale e sociale. Progetti in Africa, nelle carceri, iniziative rivolte ai bambini di strada. E poi il filone della disabilità, con la creazione di strumenti per l’autonomia nella vita quotidiana.
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