«Il futuro è già qui, solo che non è equamente distribuito»

William Gibson

mercoledì 21 ottobre 2015

Disabili, quando la tecnologia diventa l’unico modo per restare connessi

Nel film biografico “The theory of everything” il malato di atrofia muscolare progressiva Steven Hawking riesce a riacquistare la voce grazie all’uso di un sistema di controllo con sintetizzatore vocale.
Erano gli anni Novanta e quella macchina, che con il tempo verrà sostituita da un sistema più sofisticato a raggi infrarossi, permise al fisico e cosmologo britannico di riprendersi ciò che una tracheotomia gli aveva tolto: l'unica facoltà motoria che gli rimaneva.
Come a Steven Hawking, succede anche a molti altri disabili (non vedenti, ipovedenti, disabili cognitivi e motori) di dovere rimanere sempre “connessi” a un software programmato ad hoc: in ballo non ci sono (solo) spunte blu o l’ansia di non trovare lo smartphone, ma la sopravvivenza, la riabilitazione e il raggiungimento della piena inclusione sociale, diritti inalienabili per qualunque disabile. Non a caso queste tecnologie vengono catalogate come “assistive” e possono compensare specifiche disabilità, innate o acquisite, tanto da essere ampiamente utilizzate come uno strumento riabilitativo e di compensazione delle abilità residue.
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